PARITÁ E CULTURA DI GENERE

Cogliere le differenze e valorizzarle

 Daniela Pazienza con la collaborazione di Angela Fiore                                                                                                                     

     Alle donne agli uomini di ieri, di oggi, di domani 

L’ingresso sempre più numeroso delle donne nel mercato lavoro, la possibilità di seguire un percorso d’istruzione sempre più avanzato da parte delle donne (anche se non ancora in tutte le discipline come le materie STEM),  (im)pongono nuove rappresentazioni sociali dei ruoli delle donne e degli uomini sia nella vita privata sia nella vita  pubblica in cerca di nuovi equilibri. Ruoli da sempre rigidamente definiti dalle sovrastrutture sociali e culturali: è infatti la prospettiva sociologica a rilevare l’interazione tra biologia e ambiente nel quale una persona vive, per determinarne la formazione e l’attribuzione del  ruolo nella società. Differenze che hanno influenzato le competenze delle donne e degli uomini, la capacità di gestire le relazioni interpersonali. Differenze che possono aumentare i divari ma anche essere portatrici di valori utili e importanti nella società, nella famiglia, nel lavoro. 

Definizioni come Gender Sensitive, Gender Equality, Gender Pay Gap, strategie di Diversity, Work Life Balance, Gender Mainstreaming, Bilancio di Genere, ottica di genere, politiche di genere… sempre di più parte anche del linguaggio e della comunicazione, identificano  leve coinvolte al raggiungimento della parità e  orientate a valori  che non possono prescindere dalle politiche sociali, economiche, del lavoro, da considerare come  investimenti anziché costi. Obiettivo previsto nel programma dell’Agenda Europea 2030 per lo sviluppo sostenibile e per il quale il nostro Paese si è impegnato con una Strategia Nazionale di riferimento per l’attuazione nel Piano Nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e la riforma del Family ACT. Strategia da applicare con la previsione di misure trasversali in  un percorso che integra i contributi delle Amministrazioni centrali, delle Regioni, degli Enti territoriali, delle parti sociali e delle realtà associative (il terzo settore) impegnate al raggiungimento della parità di genere. 

La valorizzazione delle differenze, tema che ricorre sempre di più, racchiude concetti che  appartengono all’inclusione, al confronto, contribuendo a costruire  nuovi modi di (con)vivere;  in altre parole innovare.  Analizzare le disuguaglianze significa acquisire altre “letture”, altre prospettive della realtà, della conoscenza, delle esperienze,  utilizzando un approccio integrato delle varie discipline che accompagnano la vita come l’antropologia, la filosofia, la statistica, la medicina…: approccio finalizzato ad adottare e sviluppare misure trasversali che sappiano rispondere alla complessità e alla velocità dei movimenti del mondo.  In tutto ciò, il ruolo della  cultura, come ogni processo di cambiamento,  ha una funzione importante e necessaria. 

E se la cultura ha la funzione di indurre  riflessioni comuni,  condivisione di esperienze, è sempre la cultura che aiuta la rappresentazione di valori, tra cui quelli sociali e quelli istituzionali favorendo la partecipazione attiva di tutti, donne e uomini, nella sfera pubblica e nella sfera privata. Ed è sempre la cultura  a connettere le varie discipline e le esperienze determinandone la giusta prospettiva, necessaria per colmare i gap e superare quegli stereotipi che (in)seguono le donne “fermando” il tempo e la storia.

E pensando alla cultura, un ruolo importante appartiene al linguaggio. Un linguaggio che si esprime con lingue diverse, con la scrittura, con le immagini, attraverso la comunicazione. Quindi, possiamo dire che l’uso che facciamo delle parole, dei registri linguistici, dei neologismi nella comunicazione possono avere impatti diversi nel cambiamento della società? Sicuramente sì, perché agiscono nelle relazioni sociali. Se pensiamo all’etimologia di questa parola, dal latino  communicare cioè mettere in comune, possiamo capire l’importanza della comunicazione nella costruzione delle  relazioni sociali quale strumento di linguaggio condiviso da parlanti di una stessa comunità e (ri)conoscerne i bisogni.

«Non siamo sempre noi a parlare la lingua, ma la lingua stessa che ci parla» (A. Sabatini, 1987)

 In uno stesso ambito comunicativo, infatti, le parole diventando veicoli di valori, di messaggi, sedimentano i concetti di cui sono portatrici che il tempo e la storia contaminano senza cancellarne le radici. Dare senso delle parole rientra nella complessità della vita sociale che, attraverso la comunicazione, ne condivide l’insieme di segni grafici, di significante, di significato, di suoni, di immagini passando nella percezione di ognuno ma anche costruendo convenzioni  sociali ossia quelle “norme” non scritte a accettate tacitamente. “Norme” che cambiano nel tempo e nello  spazio.

 E le parole sono importanti anche nel linguaggio di genere che richiede, per la lingua italiana, un adeguamento di termini da declinare al femminile quale segno e riconoscimento  della presenza anche delle donne  nella sfera pubblica, nel lavoro come le professioni fino a pochi anni fa’ loro precluse. Ma, quando si parla di parità e di pari opportunità le parole che accompagnano la presenza delle donne nel lavoro e, più in generale nella vita pubblica, sono anche tempo, spazio, quote, conciliazione, flessibilità… che pur  caricandosi di nuovi significati sono ancora legate alla difficoltà di gestire la vita lavorativa e la vita familiare. Parole che, a loro volta rimandano alla affannosa ricerca che dura da anni, per trovare forme di tutela che garantiscano pari opportunità tra donne e uomini cercando di uscire da quelle dicotomie come lavoro e famiglia, obiettivi professionali e personali che riportano quasi sempre alla difficoltà di scelta delle priorità quotidiane.  Difficoltà di scelta che hanno investito  quasi sempre ed esclusivamente le donne. 

«Per “parità” non si intende “adeguamento” alla norma “uomo” bensì reale possibilità di pieno sviluppo e realizzazione per tutti gli essere umani nella loro diversità».  (A. Sabatini, 1987)

La cultura crea nuovi codici, sistemi, significati, modelli per orientarsi, facendo emergere ed accogliere gli aspetti strutturali propri dei cambiamenti. E allora si parla di Welfare, Diversity Management, di Gender Equality, di Gender Mainstreaming,  di Bilancio di Genere, di flessibilità, di parità di ruoli tra uomo e donna, di integrazione delle differenze, anche attraverso la prospettiva di genere spingendo il legislatore al recepimento di questi cambiamenti  affinché diventino strumenti che sappiano, ascoltare, accogliere e soddisfare i bisogni delle persone in tutte le loro dimensioni e nei ruoli che svolgono. Con il termine “genere” in questo contesto ma non solo, ci si riferisce infatti al superamento delle tipizzazioni dei ruoli nel riconoscimento dei bisogni di ognuno. Un “lavoro” complesso che necessita  della mediazione tra  realtà  e  processi di adattamento ai cambiamenti dei modelli sociali, familiari, lavorativi via via che assumono nuove forme, riempiendo di contenuti il concetto della parità.  

Infatti con l’espressione, locuzione “pari opportunità” che riconduce alla parità,  si cerca di dare significato e attuazione sia su un piano formale ma anche e soprattutto sostanziale al principio di eguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione, che al primo comma precisa il divieto di discriminazione non solo di genere «senza distinzione di sesso» mentre al secondo comma impone alla Repubblica di  «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.»

 Allora, possiamo parlare di prospettiva di genere, di ottica di genere?

Prospettiva di genere, ottica di genere sono espressioni entrate ormai nel linguaggio del mondo del lavoro e non solo che, riconoscendo il valore della cultura, cercano di tradursi in azioni finalizzate alla  creazione di strumenti utili alla parità. Leggere con lo sguardo rivolto al genere aggiunge un’altra capacità di analisi. Un valore aggiunto che le donne hanno potuto cominciare a “pesare” direttamente soprattutto da quando riescono ad avere una maggiore presenza nella sfera pubblica e un maggiore accesso ad un’istruzione sempre più alta, diventando soggetti attivi dei propri diritti. Agire nel presente e in una prospettiva futura significa anche storicizzare le esperienze delle donne  nel loro contesto storico, sociale, culturale ma anche giuridico di riferimento perché aiuta a conoscere e capire il percorso e l’evoluzione che accompagna anche la parità, le pari opportunità.

 Leggere in ottica di genere permette di valorizzare le differenze, di rilevare e accogliere i cambiamenti in atto, come per esempio l’inserimento degli istituti di conciliazione (per rispondere alla esigenze di cura della famiglia e del lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori),  la strutturazione del Bilancio di Genere (per valutare la destinazione e l’impatto delle risorse sulle donne e sugli uomini), il Gender Equality (ovvero un sistema che incentivi le aziende a ridurre i divari tra donne e uomini come la certificazione di parità). Cambiamenti in atto che riguardano anche la promozione della  salute e sicurezza sul lavoro in ottica di genere.   

 Rivendicando i diritti per cui le donne, in concerto con gli uomini, dovrebbero lottare […]sono la conseguenza naturale della loro educazione e posizione nella società. Se così è, è altresì ragionevole supporre che le donne modificheranno il carattere […] quando sarà permesso loro di essere libere in senso fisico, morale e civile.

                                                                                

                Mary Wollstonecraft (1759 -1797)